UNA CASA PER LUCA
Se non è stato il primo, l’allora consigliere Mario Penati, di sicuro è stato tra i primi a pensare di fare qualcosa per Luca Barisonzi e quando ha espresso questa sua idea in consiglio sezionale tutti abbiamo pensato – bella idea ma come ho fatto a non pensarci anch’io – ma subito la domanda è stata cosa possiamo fare noi come sezione?
Discutendo si è poi pensato di sentire la sezione di Milano alla quale fa capo Gravellona Lomellina – paese natale di Luca - e visto che a breve era in programma una riunione dei presidenti delle sezioni del secondo raggruppamento, l’allora presidente sezionale Giovanni Paolo Oggioni si è fatto carico di portare questa idea da sviluppare in quella sede.
Tutti ormai sappiamo che è partita una iniziativa economicamente importante che si sta realizzando anche grazie al contributo donato dalla nostra sezione – anche se vi sono state donazioni che sono state versate da alcuni gruppi direttamente alla sede nazionale senza passare dalla sezione.
Contributo versato che è stato frutto di varie iniziative sezionali e dei singoli gruppi: quando si dice l’unione fa la forza!
Non è della somma versata che voglio parlare ma di un ulteriore contributo della sezione di Monza alla realizzazione della casa per Luca.
Anche se in maniera minore, come altre sezioni abbiamo fornito la manodopera per la costruzione della struttura.
Nei giorni seguenti la posa della prima pietra, la sede nazionale chiedeva alle sezioni la disponibilità di persone esperte dei lavori di cantiere edile, quali muratori, carpentieri, idraulici, elettricisti, ecc..
Nella nostra sezione alla chiamata hanno dato risposto tre alpini e  tutti tre sono entrati a far parte della undicesima squadra per il turno settimanale nel periodo 16 – 21 aprile 2012.
A completare le fila dell’undicesima squadra due alpini dalla sezione di Brescia, tre della sezione di Pavia ed uno della sezione di Omegna - di questi nove alpini sei sono pensionati e tre sono artigiani ancora in attività.
In cantiere erano presenti anche imprese private ed i tutto era coordinato, secondo le vigenti disposizioni legislative, da alpini esperti del settore e tra questi il capo gruppo di Vigevano, un consigliere nazionale ed un alpino - penna bianca - del gruppo di Magenta.
Non entro nella specificità dei lavori eseguiti ma sono convinto che noi tre abbiamo fatto la nostra parte, per tutto il tempo senza risparmiaci.
Come altri solo due gruppi, dei dieci che ci hanno preceduto nel corso dei vari turni settimanali, abbiamo avuto l’occasione di incontrare Luca che, da poco tornato dalla Svizzera dopo un periodo di cure, il mercoledì pomeriggio, accompagnato dalla mamma e da un commilitone, e venuto a vedere lo stato dell’arte.
Impossibile descrivere le emozioni che ognuno di noi ha provato in quei momenti ma segnalo le due estreme che vanno dalle copiose lacrime con fuga strategica ed immediato ritorno alla attività lavorativa fino alla chiacchierate ed alla consegna di materiale quale libri e scritti appositamente portati al seguito seguite dalle relative foto di rito.
Ci ospitava, con vitto ed alloggio, nella propria sede il gruppo di Vigevano.
Le “camerate” sono state allestite nel piano inferiore della baita dove avevamo a disposizione una sola doccia – unico piccolo inconveniente per le due serate quando si è registrata la presenza degli alpini della sezione di Trento per la posa della pavimentazione esterna – ma si è trattato solo di un po’ di fila, alzi la mano chi non l’ha fatta sotto naia.
Per ultimo mi sento in dovere di segnalare un aspetto importante che merita di essere conosciuto e cioè la disponibilità dei tre artigiani, e tra questi due della nostra sezione, che hanno tralasciato per una settimana la loro attività per dedicare tempo e competenze per la costruzione della casa.
Per noi pensionati si è trattato principalmente di sottrarre un po’ di tempo alla nostra famiglia, mentre loro hanno anche tralasciato per una settimana la loro attività proprio in questo momento particolare per le condizioni del mercato di lavoro - questa si che la possiamo chiamare “Alpinità”.
A loro tanto di cappello alpino – a proposito tutti e tre avevano ancora il cappello alpino originale - si ancora quello della naia.

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